Visualizzazione post con etichetta concorso. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta concorso. Mostra tutti i post

sabato 1 dicembre 2012

Quello che le redazioni non sanno di me...

17 anni, 40 articoli ed un sogno nel cassetto.
Piacere, vi presento Laura B, una giornalista mancata. Chiariamo, quasi mancata, perché l’ostinazione, il coraggio e la passione l’hanno portata a difendere con le unghie e con i denti l’amore della sua vita: i giornali.
Tutti i sabati e le domeniche a commentare partite di pallavolo e calcio, spesso senza una retribuzione e un riconoscimento degli articoli. Articoli che passavano come comunicati stampa.
E poi silenzi, troppi silenzi. Le redazioni non hanno voglia di parlare, non hanno voglia di perdere tempo, perché tu per loro sei solo una diciassettenne, una stupida diciassettenne.
Potresti persuaderli, convincerli che tu vorresti metterti in gioco, imparare ed essere criticata perché ritieni che il confronto e il dialogo siano alla base di qualsiasi rapporto, soprattutto se si parla di quello lavorativo.
Niente da fare, anche questa volta esci dalla redazione con la tua borsa piena di articoli e un nodo alla gola. Provi rabbia, ti incolpi, cerchi una spiegazione, ma non la trovi.
E poi guardi il cielo e pensi:”Non sono sola e per questo lotterò”.
Rimandi il CV a tutta la regione, incroci le dita e vomiti la tua rabbia.
“Domani sarà migliore” ti ripeti, ma poi non ci credi. Sono troppe le promesse e le menzogne delle redazioni, troppe che stenti a credere anche a te stessa. Eppure lo accetti, accetti perché non vuoi dargliela per vinta, accetti perché scrivere è l’unico filo che ti tiene legata a questa vita.
Loro ti giudicano, ti sbattono fuori, loro questo non lo sanno.
Non sanno che tu stai perdendo la testa per un tuo sogno, non sanno che nelle tue vene scorre più inchiostro che sangue, per loro rimani una stupida, un’utopista. Sei finita in un buco nero, in un tunnel senza uscita, quale sarà il tuo domani dipende da quella redazione.
Ti colpiranno ancora e alla fine tu cadrai inerme.
Avranno vinto e questa sarà la loro più grande vittoria. Tu, la tua vita, i tuoi sogni, la tua passione, hanno fatto bottino.
Tutto il resto è silenzio.

Slot machine

Benvenuti nel mondo del gioco, nel Paese allettante, pieno di premi, basta far scivolare una monetina, premere una serie di bottoni e voilà, improvvisamente risuona il tintinnio, il dolce rumore dei sogni che improvvisamente si possono avverare.
I colori caldi e invitanti delle slot machine diventano un’esca, una trappola per chi sogna da sempre di scappare via da tutti e ricerca la sua via d’uscita in una schedina, un’innocua scommessa o nella magica roulette e innesta così un percorso senza uscita fatto di dipendenze, menzogne e rovina.
Una vincita facile, certo, basta una moneta per poter diventare padroni del mondo o schiavi del gioco, basta una sola moneta per entrare in un’altra dimensione, perdere la concezione del tempo, del luogo, ma soprattutto degli affetti. Il gioco è un mondo a sé, un’isola che ci allontana da chi ci vuole veramente bene per estraniarci e renderci partecipi di un’immagine ideale di noi stessi che si può realizzare attraverso quei numeri, quella scommessa e tutti quei soldi puntati. Percepiamo così il nostro IO effettuale caricato di aspirazioni, desideri, ansie e preoccupazioni contrapposto al nostro IO potenziale cioè l’individuo distinto, ricco e felice che vorremmo incarnare. Basterebbe un euro a cambiare tutto, ma basta un “NO” al mondo dei balocchi per evitare il peggio.
A voi la scelta.
Laura Beltramo

Solo voti?Ci sono insegnanti che meritano di più

Un giorno come un altro,seconda ora, entra lei in classe, piccolina, capelli neri e due occhi incredibilmente azzurri. Inizia a spiegare con un fare rassicurante, risponde e aiuta chi è in difficoltà e, strano, ma vero, dopo 3 anni di 6 al limite, inizio anche io a capirci qualcosa della Matematica.
Poco alla volta inizio a smettere di andare a ripetizione, inizio ad apprezzare le materie da lei insegnate e i voti salgono sempre di più, fino ad arrivare al 9 di giovedì scorso.
Mi sento più serena, sicura, vado a scuola entusiasta, senza preoccuparmi troppo perché so che al di là della cattedra c’è una persona competente, un’insegnante organizzata, che ama ciò che fa e sa trasmettere il sapere con passione.
Non sempre ci sono professori che apprezzano a tal punto il loro lavoro, alcuni lo fanno e basta, lo fanno per dovere, lo fanno per portare a casa uno stipendio, mentre ci sono altri che meriterebbero di più, insegnanti che ci mettono tutto il loro impegno, la loro dedizione, insegnanti che ti fanno amare la loro disciplina. Ecco un verbo importante, “amare”. Si, perché gli insegnanti dovrebbero innanzitutto far amare la materia, favorire il dialogo e il confronto all’interno della classe, accettare le critiche, promuovere i talenti dei singoli, ma anche aiutare chi presenta maggiori difficoltà.
Non sono criteri assurdi ed io fortunatamente ho avuto molti insegnanti che si sono distinti per le loro competenze e capacità di trasmettere il sapere, molti di essi mi hanno fatto apprezzare a tal punto le loro discipline da indirizzare i miei studi verso un ambito di tipo umanistico.
Bisognerebbe dare un premio a questi professori, un premio che va al di là di un voto. Forse un giudizio, un “grazie” o forse questo non basterebbe nemmeno.
E si, perché loro spiegano, correggono, scrivono, ma non si rendono nemmeno conto di tutto ciò che ci danno. Entriamo in una scuola a 6 anni ed entriamo nel mondo del lavoro intorno ai 20. Cambiamo, comprendiamo la realtà da altri punti di vista, riusciamo ad analizzarla in modo critico e se ciò avviene è solo grazie a loro:gli insegnanti innamorati della loro materia.

Menzogna, limiti e definizioni

Che mentire sia sbagliato lo sanno tutti. La menzogna è da sempre stata considerata un’azione da rimproverare, proprio perché l’uomo è alla continua ricerca della verità. Verità che può generare sofferenza, tensioni e distacchi, eppure la cerchiamo a tutti i costi. Non ci accontentiamo di una semplice ed innocente bugia, ma esigiamo il vero, vogliamo conoscere perché la conoscenza della realtà ci realizza, ci porta a compiere un percorso di indagine e di giudizio sull’ambiente circostante.
Il nostro mondo è troppo complesso e quindi compiamo quotidianamente un processo di selezione: filtriamo il buono dal cattivo, l’onesto dal disonesto.
Fino a qui fila tutto liscio come l’olio, eppure ci manca un criterio fondamentale: quali sono i parametri in base ai quali definiamo il concetto di menzogna?Come ben sappiamo ci sono bugie dette a fin di bene, quelle che giustifichiamo perché riteniamo che lo scopo sia più rilevante della bugia in sé stessa, quindi cosa ci porta a definire la gravità di una bugia?
Secondo me la nostra valutazione fa perno su 2 punti fondamentali: da un lato la nostra esperienza pregressa(l’educazione che abbiamo ricevuto, le nostre riflessioni personali su tale argomento, i casi riscontrati nel corso della nostra esistenza e la loro risoluzione) e dall’altro la persona assunta in esame(rivalutiamo l’affetto, i sentimenti, i ricordi condivisi, la nostra reazione di fronte ad una verità scoperta troppo tardi).
Il background, però non è solo personale, ma anche sociale.
Le norme, i premi e le punizioni, i rinforzi che riceviamo dalle istituzioni generano in noi un’avversione o un sentimento di favore verso un determinato comportamento e ciò ci conduce ad una definizione di menzogna come condanna più o meno lieve.
Sarebbe opportuno quindi proporre una riflessione su tale ambito per favorire la consapevolezza individuale e sociale dei limiti della bugia